Da Milano con furore. Quando la Politica non è Politically Correct.

Milano Mecca gay. Milano come la Chueaca madrilena. Milano zingara. Milano: l’isola di Wight, con i tossici capelloni a piede libero e la musica dei Dik Dik a palla, per le strade.

Ieri al tg, osservavo ammirata e commossa gli Indignados che hanno pacificamente occupato la Puerta del Sol e mi dicevo che la Spagna non è troppo lontana. Pochi istanti dopo, dagli esteri si è passati alle notizie di politiche interna e mi sono trovata spalmata sullo schermo la faccia raggrinzita e tesa di una donna troppo vecchia per far politica.

“Lei lo sa che se sale Pisapia, vi troverete Milano invasa dagli immigrati?” , lo chiedeva in giro alla gente, con lo stesso tono invadente e fastidioso delle centraliniste che ti chiamano il pomeriggio presto per coinvolgerti, contro ogni tua volontà, nei sondaggi telefonici. E ad avercelo un telefono in mano, per chiuderglielo in faccia!

Letizia Moratti ha l’età di mia madre. Anche mia madre ha fatto politica, ma a 48 anni si sentiva già vecchia per continuare e lasciò perdere, perché credeva nella forza del ricambio generazionale. Oggi, Letizia Moratti, alla tenera età di 62 anni, ambisce a ricoprire, per la seconda volta, il mandato di sindaco di Milano. E’ in ballottaggio contro l’avversario del Pd, Giuliano Pisapia, suo coetaneo. Uno scontro titanico.

“Pisapia, negli anni ’80, frequentava i terroristi. Pisapia vuole spacciarsi per moderato ma non lo è. Pisapia ha il sostegno di Nichi Vendola e dei centri sociali. Pisapia, un matto”.

Avete presente l’assolo di chitarra che apre Shine on you crazy diamond, dei Pink Floyd? Sarà che Bellocchio se ne servì nel 2003 per la colonna sonora di Buongiorno notte, film sull’attentato ad Aldo Moro, sarà che la canzone comincia dicendo “remember when you were young, you shone like the sun. Now there’s a look in your eyes, like black holes in the sky”. Quell’assolo e queste parole, le sentivo in testa, con un effetto vagamente simile alla Cavalcata delle Valchirie in Apocalypse Now. Ho ripensato alle piazze piene negli anni ’70, alla politica fatta nelle sezioni di partito. Ho ripensato a Berlinguer, quando la mattina portava, agli operai in fabbrica, l’Unità. Ho ripensato a mio padre, quando mi raccontava delle spole che facevano alla posta per avere informazioni dei compagni del Nord. Ho ripensato alla politica come a una cosa pulita, fatta di impegno, verso se stessi e verso gli altri. Ho ripensato ai miei genitori, alle loro speranze tradite da un futuro che volevano diverso. Ai loro sforzi per dare a noi il meglio, sfruttando il peggio di loro.

In questa partita a rimpiattino, ci si nasconde dietro le colpe altrui, facendo perdere di vista i contenuti, dimenticati chissà dove nella fretta di metter in cattiva luca l’altro. Vorrei sentir parlare di cose concrete, non di pronostici su una Milano peggiore, con le spranghe alle porte, in un visionario panorama degno di una Baghdad, sotto la guerra. Vorrei che l’ars oratoria, sebbene sia una parola latina, non risulti lingua morta.

Io non sono di Milano, ma sono italiana (checché ne possa dire la Lega) e la mia sensibilità politica e civile guarda ai fatti lombardi con preoccupato sentore che questo Paese si è davvero ridotto alle briciole.

Sarà che in questo periodo storico, ci sentiamo sempre pronti al peggio, con le ore contate, costantemente minacciati dal calendario maya, da un asteroide e dal problema ambientale. Sarà che sentiamo il fiato sul collo della prossima fine. Sarà che l’Italia è in una zona particolarmente sfavorevole a livello di meridiani e paralleli. Eppur si muove, dal mondo arabo all’Occidente, un disagio generazionale che non può più essere contenuto. Eppure io tutte quelle persone a Porta del Sol le ho viste, lo giuro e non avevano proprio l’aria di quelli pronti a ritrattare tutto.

E se la fine del mondo fosse prossima solo per noi?
Una mattina, una fra tante, ci svegliamo nelle nostre case che non sono più nostre, nelle nostre città che non sono più come ce la ricordavamo. Ci sveglieremo soli, mentre tutto il resto del mondo è andato avanti. E lo ha fatto diventando società multiculturali, che non hanno paura del diverso, dove i reati di omofobia hanno un peso pari a quello degli altri reati, solo perché l’omofobia in queste società non esiste.  Alla tv, sentiremo parlare di questi posti come luoghi esotici, lontani. E ci faranno invidia.

In apertura della puntata di Ballarò del 26 aprile, Maurizio Crozza ha detto: “Stiamo diventando tutti come re Mitridate, che aveva assunto tanto di quel veleno per evitare di essere ucciso che quando decise lui di suicidarsi davvero, era talmente assuefatto che non gli faceva più effetto niente. Ecco, noi siamo così. Ci siamo assuefatti a tutto, siamo come le zanzare con il Rayd: dopo un po’ non fa più effetto nulla a noi. Ormai non c’è più limite in questo Paese, dovrebbero farci un monumento. Il monumento al Limite Ignoto”.

Maurizio Crozza è un comico italiano. E i comici sono tra le poche persone serie rimaste in questo Paese.

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